Da pag 129 a pagina 131 di Da un castello all’altro (d’un chateau l’autre, 1957), di Céline, la storia di una cagna; proviene dalle glaciali contrade della Danimarca dove era abituata a lunghe fughe nelle foreste. Quando Céline ritorna in Francia, la porta con sè. Fine delle fughe. Poi, un giorno, il cancro: “Non volevo farle una puntura… nemmeno darle un po’ di morfina.. avrebbe potuto avere paura della siringa… non le avevo mai fatto paura.. è rimasta in fin di vita almeno quindici giorni..oh, non si lamentava, ma io vedevo.. non aveva più forze.. dormiva accanto al mio letto.. a un certo punto, un mattino, ha voluto uscire di casa.. volevo stenderla sulla paglia.. non ha voluto… voleva stare da un’altra parte.. nel posto più freddo della casa, sui sassi… si è allungata dolcemente… ha cominciato a rantolare …era la fine .. me l’avevano detto, io non ci credevo… ma era vero, si era distesa in direzione del ricordo, da dove era venuta, dal nord, dalla Danimarca, il muso a Nord rivolto a Nord… una cagna estremamente fedele ai boschi dove fuggiva. Korsor, lassù.. fedele anche alla vita atroce.. i boschi di Meudon per lei non significano niente.. è morta dopo due, tre rantoli.. oh, molto discretamente… senza nessun lamento.. con una postura davvero molto bella, slanciata in fuga … ma su un fianco, stremata, finita.. il naso verso le sue foreste in fuga, lassù da dove veniva, dove aveva sofferto … Dio sa quanto! Oh, ne ho viste di agonie…qui, là… dappertutto.. ma mai nessuna così bella, discreta… fedele.. quello che danneggia l’agonia degli uomini è il tralalà… l’uomo, malgrado tutto, è sempre su un palcoscenico.. il più semplice”.
Milan Kundera, Céline, la cagna e la commedia umana, “La Repubblica”, 2 Gennaio 2008